La donna intelligente: architettura di un essere raro. Parte I°

Pubblicato: 2 gennaio 2009 in Senza Categoria

«Pablo Neruda ha detto che
il poeta quello che ha da dire, lo dice in poesia,
perchè non ha un altro modo di spiegarlo.
Io, che faccio l’architetto, la morale
non la predico: la disegno e la costruisco.
»
Renzo Piano – Architetto

«L’architetto è un ingegnere che non sa la matematica,
l’ingegnere è un architetto che non sa cos’è l’arte;
non importa che tu sia ingegnere o architetto,
non ti occuperai ne di matematica ne di arte,
solo di Autocad.
»
Pippo Chennedy – Presentatore

Non scrivo sul mio blog da ormai 3 mesi e piu. Non è per mancanza di volontà, ma per mancanza di tempo forze e sopratutto di morale. Sono capitate un po di cose ultimamente, tra cui un’operazione di mio padre che stava per trasformarsi in tragedia. Ma l’importante è che ora sta bene, e che le cose ora vanno decisamente meglio.

Ho deciso di cominciare questo nuovo anno ancor meglio di qualsiasi anno precedente, ovvero con un obiettivo ben preciso in mente: fare le cose senza perdere tempo. Realizzare, concretizzare. E comincio dal mio blog, scrivendo un post che avevo promesso a quei pochi, pochissimi lettori che mi seguono.

Ragazzi giuro che c’ho provato a scrivere questo pezzo con tutti i crismi e carismi dello scrittore. Ho buttato via almeno una ventina di pagine del mio block notes durante il viaggio per la Biennale di Venezia in ottrobre e durante lunghi pomeriggi in ambiti meno felici a novembre, ma non è servito a nulla. Io scrivo di getto, con tanto di errori ortografici ed omissioni di punteggiatura. E’ l’unico modo in cui so scrivere, in cui so amare e in cui so vivere. Sono diretto e spontaneo, non posso farci nulla.

Quindi allacciate le cinture di castità e buttiamoci nell’ennesimo reportage di vita vissuta di questo Hank Moody di provincia, con tanto di Keglevich alla menta a suo fianco e marlboro Light in bocca.

La Donna Intelligente.

L’architetto è un essere strano.

La sedia MackintoshSi dice che l’architetto è colui che non è abbastanza sfigato ehm… portato alle materie scientifiche per fare l’ingegnere, e non abbastanza frocio ehm… trendy per fare lo stilista. E’ quell’essere che studia per 5 anni la sedia di Charles Mackintosh e poi compera i mobili all’IKEA. E’ quel tizio che ti costruisce una meravigliosa casa tutta in vetro e legno, tanto bella quanto scassinabile dall’ultimo dei ladruncoli di quartiere, eppure al contempo l’architetto è una persona capace di leggere dei significati reconditi sia nella materia che nelle idee. Ma non è detto che tali idee debbano essere perforza coerenti…

Infatti, io studio architettura.

E ricordo come fosse ieri la prima settimana di corsi all’università, quando incappai un un libricino di millesettecentoquarandadue pagine dall’accattivante titolo di "Storia dell’arte italiana Vol. 1-2-3" scritto da tale Giulio Carlo Argan che, guarda caso, non era manco un architetto. Sul mattone cartaceo, verso metà del secondo tomo, lessi una cosa che avrebbe cambiato la mia concezione dell’architettura per il resto della vita:

"il paradosso dell’architetto"

Renzo PianoIn buona sostanza egli dice che la figura dell’architetto non serve a nulla, perchè per quanto possa progettare in maniera perfetta, l’unico modo in cui egli può verificare la bontà del suo progetto è metterlo in opera, in modo da individuare tutti i difetti dell’immobile e corregerli con un secondo progetto. Unico problema è che il progetto di una cosa già realizzata è praticamente inutile!

E’ un po come la storia di chi è nato prima tra l’uovo o la gallina. Oppure, se mi permettete il paragone, è come l’annosa questione tra uomini e donne. C’è chi sostiene che le donne non la danno via perchè gli uomini sono bastardi, e chi sostiene che gli uomini sono bastardi perchè le donne non la danno via.

Io credo di aver risolto il dilemma.

Ma dato che non sono ancora un architetto, e non aspiro alla carriera di pollicoltore, la mia intuizione si riferisce alla terza tipologia di paradosso: quello tra architetto maschio e architetto femmina.

E’ proprio qui che comincia la mia storia con Kate. Ma, come di consueto, vi invito ad ambientarvi con il solito filmato.

 

Tralasciando gli ovvi "e che c’azzecca sto video?" che starete pronunciando, mi limiterò a dire che come per Hank Moody anche per me era un periodo di grande crisi mistica. Mi ero diplomato da poco e non sapevo se la mia strada sarebbe stata quella di architetto, di chimico o di barbone. A parte poi lo scoprire che in ogni caso sarei finito a fare il barbone, feci come si fa nei periodi di crisi mistica: decisi di fare un viaggio, in una sorta di "mese sabbatico" che avrebbe dovuto portare in me la chiarezza sul da farsi.

La chiarezza ci mise poco a farsi viva.

Ora vi chiedo uno sforzo di immaginazione: figuratevi due ex compagni di liceo, un anno dopo il diploma che discutono di dove andare ad agosto, seduti in una vecchia panda diesel mentre sorseggiano Heineken, in una caldissima serata di metà luglio. I due amici sono Sevy e Bestia, ma non fatevi intimidire dal nome, Sevy è solo un abbreviativo. In quanto a Bestia, lo chiamavamo così non tanto perchè è brutto, quanto perchè è dotato della sensibilità di un comodino dell’Ikea. E si sa che i comodini dell’Ikea suscitano tristezza quando viene il momento di assemblarli…

La mitica Fiat Panda!Ad ogni moodo, Bestia mi raccontava già da qualche tempo di un posto favoloso in cui alcuni suoi amici si erano recati l’estate precedente, e del quale gli avevano riferito ogni minuzioso particolare. Lo descriveva come una specie di paese dei balocchi, ma che al posto delle giostre e dei burattini aveva discoteche e montagne di figa. E non figa ordinaria, bensì figa estera, per lo più inglese, scozzese e irlandese. Quel posto rispondeva al nome di Kavos, ribatezzato a seguito di quell’estate in "Kiavos". Esso altro non era che un paesino sull’isola di Corfù. Un probabile approdo del temerario Ulisse in quelle acque che lo videro resistere al canto delle sirene, incatenato all’albero maestro della sua nave. Quello stesso luogo avrebbe visto, di li a pochi giorni, lo sbarco di noi novelli solcatori di mari alle prese con sirene anglosassoni del terzo millennio.

Ora che ci penso, non mancherò di raccontare le avventure e le disavventure che mi hanno visto protagonista in ben 5 viaggi nella bella e dannata Corfù. Ma ora tmi limiterò a quel primo viaggio.

Sbarcammo a Kerkira, il capoluogo dell’isola, di primo mattino dopo una lunga traversata notturna cominciata sulle coste di Brindisi. Ma. a differenza di Ulisse. non incontrammo sirene britanniche bensì tre Gorgoni italiane rispettivamente di Bari, Taranto e Matera, che ci guardammo bene dall’invitare ad unirsi a noi. Apena discesi dalla sgangerata imbarcazione, ci incamminammo verso Kiavos a bordo della mia fatisciente panda, nella speranza di trovare un appartamento e un poco di riposo dall’estenuante viaggio.

Non avremmo mai immaginato di trovare il paradiso

Raggiungiamo il luogo prestabilito percorrendo l’unica strada decentemente asfaltata dell’isola, fino alla punta sud. Davanti a noi si apre un paesino deserto e pieno di cumuli di bicchieri e bottiglie di tutte le misure ai lati della strada, una landa di vuoti alcolici testimoni di bagordi già avvenuti. Ma in giro non c’è nemmeno un anima… Guardo Bestia con gli occhi di chi chiede "ma dove cazzo siamo?" ma lui mi rassicura invitandomi a proseguire. Di li a poche centinaia di metri, appena superata una curva protetta da un’alta siepe, dinnanzi a noi si apre uno slargo e ci ritroviamo davanti ad uno spettacolo che rimarra scolpito nella mia mente negli anni a venire: una piazzetta gremita di ragazzi e ragazze di tutti i tipi.

I nostri occhi si soffermano sulle ragazze…

C’è la bionda e c’è la mora, la rossa lentiginosa e la nera coi capelli rasta. Ci sono ragazze che percorrono allegramente un viottolo dal quale si intravede il mare ed altre che prendono il sole su lettini e sedie sdraio intorno ad una piscina. Sono tutte assolutamente differenti tra di loro, in un eterogeneo mosaico carico di incredibile fascino, ma tutte sono accomunate da un unico fattore:

sono tutte in topless.

La libertà della nudità non ha prezzo, specie quando ti diverti pure!Dopo un imprecisato numero di secondi di totale visibilio, io e Bestia asciughiamo la bava, e mentre lui si vanta di essere lo scopritore di quel paradiso in terra, io parcheggio e mi metto alla ricerca di un appartamento. Dovete sapere che nei luoghi di villeggiatura rurali, nella ancora poco svlilupata Grecia – specie se si tratta delle piccole isole che la circondano – esiste ancora la cultura del contrattare il prezzo dell’alloggio. E noi da buoni Napoletani come potevamo farci scappare l’occasione di scovare un appartamento per pochi euro? Sicchè girando e rigirando per il paesino, tra tette al vento e sorrisi, trovammo gli appartamenti di Kristos, un simpatico autoctono trentacinqenne che ci fittò una camera alla incredibile cifra di cinque euro a notte. Una cifra assurdamentre conveviente finchè scoprimmo che era collocato proprio sopra la discoteca, anch’essa di sua proprietà e presagio di notti insonni…

Quando prendemmo posseso della camera, come solito tra maschietti italiani nel paese dei balocchi, scorreggiavamo e ruttavamo come verri da riproduzione finchè non mi affacciai al balconcino per abbordare dall’alto qualche britannica. Proprio mentre cercavo di attrarre l’attenzione di una improponibile scrofa in topless, mi resi conto che l’appartamento accanto era abitato. Due ragazze more abbastanza carine, anche loro con le tette di ordinanza al vento, mi guardavano dal loro balconcino incuriosite mentre esibivo la mia tamarraggine partenopea. Una delle due aveva un seno particolarmente bello: almeno una terza ma che si teneva su come fosse di silicone. Mi lanciai nell’approccio…

io: "Hi! I’m Sevy…"
lei: "I’m Kate…. and you are italian…"

Hmmm – pensai – ha capito che sono italiano… Sentivo di aver toppato alla grande! Già mi aspettavo barriere e scudi spaziali, perciò chiamai in aiuto Bestia il quale, appena sentite le voci, si era materializzato sul balcone già da qualche secondo, come fosse stato teletrasportato direttamente dall’Enterprise di Star Trek… altro che scudi spaziali! Dopo le presentazioni tentai il recupero in stile provolone con qualche battutaccia all’italiana, malamente tradotta in inglese, finchè sparai un ridicolo:

"I was not trying to court that fat girl" (non stavo tentendo di corteggiare quella ragazza grassa – n.d.r.)

Kate, che fino ad allora era sembrata sorridere ed annuire alle mie cazzate, mi guardò con aria severa. Già mi aspettavo una critica per il "fat" (grassa) attribuito alla sua connazionale dall’aspetto suino, ma lei con voce beffarda mi parlò in italiano, con un quasi impercettibile accento sassone:

"Si dice «to hook around»… To court significa corteggiare, mentre tu stai cazzeggiando"

Impercettibili differenze tra divertimento sassone e divertimento italiano...Li per li, mi sentii molto perplesso davanti a tale rivelazione. Ma poi lo stordimento diventò una sensazione strana: mi sentii defraudato di un vecchio cavallo di battaglia. Dovete sapere che sono decentemente portato per la lingua inglese ed avendo buone basi grazie ad una mamma prof di lingue e ad ottimi professori, ero solito fingere di essere inglese con le ragazze italiane in vacanza all’estero. Quell’approccio studiato per stupire la tipa di turno, si concludeva poi svelando la mia vera identità con un "simm e Napule, paisà!" che finiva sempre per essere accettato come un approccio alquanto originale. E sino ad allora credevo, da povero illuso, di detenerne il Copyright. Potete quindi immaginare la sensazione di smarrimento che ebbi quando vidi quel trucco rivolto verso di me. Quella sconosciuta mi aveva preso in contropiede!

Nei minuti successivi scoprimmo che in realtà il trucco c’era solo a metà, dato che Kate e la sua amica dal poco pronunziabile nome di Lindsay erano studentesse della facoltà di Construction & Project Management dell’University College of London, e da ben due anni aderivano al Progetto Erasmus che le vedeva collocate presso il Politecnico di Milano. In pratica parlavano italiano meglio di me e Bestia. Come da manuale prendemmo appuntamento per quella sera, ovviamente per andare a bere qualcosa insieme nel club gestito dal nostro comune padrone di casa. Ma conoscendo l’idea che di solito si fanno le straniere, quando stanno a lungo contatto con i miei connazionali, davo quasi per scontato un sicuro "doppio due di picche" per me e per il mio socio di cuccaggio. Insomma perchè mai avrebbero dovuto perdere tempo con noi mentre avevano centinaia di connazionali inotrno a se?

Le sorprese, invece, dovevano ancora cominciare…

Quella sera, in onore di quell’inaspettato acchiappo, io e Bestia da italiani standard ci preparammo come damerini: jeans all’ultimo grido, scarpetta alla moda, camicia firmata e una mezz’ora davanti allo specchio a pettinare la criniera già abbastanza curata dal parrucchiere a casa. Non ci preoccupammo nemmeno di verificare cosa faceva il resto della popolazione. Perciò quando scendemmo le scale dell’appartamento fummo sorpresi di vedere le nostre due accompagnatrici vestite solo di un bikini, una maglietta e udite udite… le ciabattine da spiaggia!

Ci vogliono scaricare!

Quello fu il mio primo pensiero. Abituato e forse corrotto dlla cultura italiana, gIà m’immaginavo una scusa del tipo "non siamo riuscite a prepararci in tempo e ci sono venute le mestruazioni miracolosamente in contemporanea", ma ogni dubbio fu fugato quando le due ci annunciarono che saremmo andati a ballare altrove. L’ennesimo dubbio mi venne sbirciando la magniettina di Kate. Vidi nitidamente le punte dei suoi capezzoli dare forma alla t-shirt, segno evidente che non portava il pezzo di sopra del bikini. Non mi era chiaro il perchè scomodarsi a non indossare il reggiseno del bikini se ci volevano scaricare, ma appena alzai gli occhi da quella stupenda visione una molto meno bella ma allo stesso modo affascinante si impresse nel mio cervello ormai stordito da tanti pensieri e visioni.

Basta bere e non guidare, il divertimento è garantito!Intorno a noi c’era quella stessa massa di ragazzi che avevamo visto all’arrivo, ma stavolta anzicchè starsene con le poppe al vento, erano in preda ad una specie di frenesia collettiva. Già a partire dall’abbigliamento, si capiva che le abitudini mie e di Bestia erano seriamente messe in discussione. C’era un tizio vestito con il completino dellla squadra del Chelsea, un alto che indossava uno di quei cilindri leopardati tipo quelli che indossa Zucchero Fornaciari, c’era una tizia con una minigonna seduta a terra a gambe aperte e… senza mutandine! Insomma era davvero uno spettacolo senza precendenti. Ma aguzzando un po la vista e muovendo qualche neurone di riserva nel mio poco dotato cervello, realizzai il motivo di quella baraonda umana. Ogniuno di loro, dal ragazzo piu maturo al piu giovincello, dalla ragazza piu grassa alla piu smilza, avevano qualcosa di alcolico in mano. E se dico tutti è davvero tutti! Non importava quale fosse l’alcolio, dalla classica heineken al bicchiere di mojito, dalla lattina di birra alla bottiglia di wiskey, chiunque aveva qualcosa in mano. 

Non è il paese dei balocchi – pensai – questo è il paese degli alcolisti!

Le nostre accompagnatrici ci annunciano che quella sera c’è festa grossa ad un locale chiamato "LimeLight Disco Club" e che non siamo nella giusta condizione vestiaria per partecipare. Io be Bestia siamo costretti a risalire le scale e ad indossare costumino a pantaloncino e t-shirt. Io indosso l’infradito ma Bestia, fedele alle sue abitudini, mette su le scarpette ginniche. In meno di 5 minuti siamo al LimeLight che ci si presenta come uno di quei locali fighetti italiani nei quali per entrare devi lavorarti il PR che non slo prende la percentuale ma che sembra pure farti un favore a metterti in lista.

Piccolo appunto di viaggio per la Grecia: i greci, nostri antichi padri, sono gente furba. Sanno che un britannico medio quando va in un club spende una cifra considerevole in consumazioni sicchè si guarda bene dal fargli pagare l’ingresso. Ed evita anche cose come il pretendere qualche particolare abbigliamento, pretendere l’entrata in coppia o assurdità del genere, tipiche del locale italiano. Anche perchè l’inglese medio, seppur belligerante di natura, raramente s’ammazza di botte col connazionale e quando capita di solito è perchè quello non s’è fatto offrire da bere, a differenza dell’italiano che invece s’ammazza di botte col connazionale perchè quello ha respirato a meno di cento metri di distanza da quella che lui s’è portato nel locale con la speranza che quella poi glie la dia. Non a caso gli italiani non erano ammessi al LimeLight, ma noi passiamo perchè io e Kate continuiamo a parlare in inglese fluente e Bestia sta zitto mentre Lindsay gli parla.

Finalmente ci diviene chiaro il motivo di un abbigliamento così poco trendy degli avventori: questa sera c’è la gara degli indumenti bagnati, e le nostre due amiche vogliono ovviamente partecipare.

Ballare bbriachi, bagnati. Una cosa che consiglio a TUTT!Giusto il tempo di lasciare il borsello col portafogli al guardaroba in cambio di una specie di gettone di plastica con un numero e una clip, e siamo nel club. Anche qui rimasi davvero stupito. Il locale è all’aperto e al suo centro ha una piscina con una pedana centrale dove ballano ragazzi e ragazze con evidente piacere. Alla pedana si accede tramite un ponticello mobile che viene ritirato da un tipo nerboruto con scritta "security" sulla maglietta. Il deejay, che risponde al nomignolo di "Dick" è rigorosamente nudo con in dosso solo un tanga col suo nome di battaglia ricamato sopra. Il menestrello musicale mixa da una consolle sul bordo della piscina e ad intervalli regolari si esibisce in uno strano balletto studiato per mostrare la scritta sul tanga a seguito del quale gira una manopola che attiva delle tubature montate sopra la pedana e appositamente bucate, che bagnano gli avventori sotto di esse. Poi, quale giudice indiscusso, decide chi deve scendere dalla pedana e chi passa il turno per essere nominato vincitore e vincitrice di quella stramba gara. I perdenti si buttano in piscina per raggiungere a nuoto il bordo pista. Il resto degli ospiti del club è intorno alla piscina che balla, alcune ragazze addirittura con le solite tette d’ordinanza al vento. Credo anche di aver visto qui e li qualche ragazzo farsi fotografare con il costume abbassato mostrando i gioielli di famiglia. Insomma uno spettacolo davvero unico.

Davanti a quella scena guardai Kate negli occhi tutto emozionato tentando di ringraziarla con quello sguardo di averci portato in un posto così assurdamente pazzo. Sono quasi certo che lei capì di aver involontariamente compiuto un piccolo miracolo, insomma di avermi svezzato ad un tipo di divertimento al quale non ero abituato. Ok, a ballare andavo, ma mai con la prospettiva di rimanere nudo per fine serata! Ma Kate probabilmente capì anche qualcosa che non avevo nemmeno ipotizzato: partecipare alla gara. Comunica qualcosa a Lindsay e tutti e quattro ci troviamo, trascinati dalle corrispettive, davanti al nerboruto son la scritta securyty che ci spinge sul ponticello per poi tirarselo via.

Ormai è fatta, siamo in ballo e non si torna indietro.

Mentre balliamo Bestia mi comunica di star bestemmiando dentro di se perchè ha in dosso le scarpe e non vuole bagnarsele, ma non ha nemmeno il tempo di dirlo che parte il primo getto d’acqua gelida. Kate intanto si è annodata la maglietta inzuppata intorno alla vita in modo da far spuntare ancor di piu il seno, seppur non c’è ne è davvero bisogno. La maglietta è ormai trasparente e credo che in qel momento ebbi probabilmente una delle mie piu istantanee erezioni che diventò anche una delle piu poderose quando ssciolse il nodo e si sfilò la maglietta bagnata con tanto di applauso del pubblico. Intanto Lindsay non se lo fa ripetere due volte e segue l’esempio dell’amica. In men che non si dica io e Bestia sembriamo inesistenti davanti a quelle due meraviglie della natura. Ma il peggio accade: Mr. Dick dal microfono annuncia che le due sono selezionate e noi altri, tre ragazze e quattro o cinque altri ragazzi ci dobbiamo buttare in piscina lasciando Kate Lindsay una figa bionda e due tipi muscolosi sulla pedana. vengo spinto in acqua.

Quando risalii il bordo della piscina mi sentii proprio come il piu classico degli italiani in una serata sfigata: con quei due fusti li non sarebbero piu scese dalla pedana e noi ce ne saremmo tornati al nostro appartamento con la coda tra le gambe. Sicchè invitai Bestia a bere qualcosa al bar, che almeno era una nuova sensazione chiedere da bere ad un bancone seminudi e tutti grondanti di acqua. Passaggio obblicato al guardaroba col gettone in mano, prendo il danaro necessario e ordino un Cuba Libre. Bestia si fa servire una birra. Solo il tempo di fare il primo sorso che Kate, scesa dalla pedana con dinuovo la maglietta bagnata indosso, mi sfila il bicchiere di mano. Si fa un sontuoso sorso e mi fa con quel suo impercettibile accento sassone: "andiamo a divertirci!".

Già sento puzza di una seconda doccia fredda ma Kate, in barba alle previsioni, mi conduce fuori dalla disco, e via per la strada principale di Kiavos! Perdiamo le tracce di Bestia e Lindsay. e io comincio a perdere le tracce di me stesso. Insomma: sono da qualche ora in compagnia di una pazza che mi eccita un casino e fin’ora non l’ho nemmeno approcciata! Credo sia quello il momento in cui un uomo fa i conti con il suo ruolo, e mai come in quel momento mi sentivo come aver perso il solito ruolo del conquistatore. Insomma ero in piena euforia con una ragazza bella e pazza con la quale mi stavo divertendo "alla pari", senza dover inventare nulla, senza dover fingere niente, anche perchè non me ne dava il tempo e sopratutto perchè di certo non sarebbe servito a nulla.

A questo punto invito tutti i lettori maschi a fare un punto della propria vita sentimentale e sessuale, perchè nel mio caso quello fu un momento di svolta epocale. Capirete poi il perchè.

Cerco nel mio vuoto mentale di trovare un modo, un approccio verbale adeguato atto alla conquista di Kate. Purtroppo, complici l’euforia e l’alcool, l’unica cosa che mi esce è un triste e melanconico "andiamo sulla spiaggia?" quasi come quei ragazzetti che cercano di approcciare le controparti a suon di luoghi comuni come "il dolce rumore del mare" e "che belle sono le stelle"! A quel punto Kate, come suo solito, mi stupì per la quinta volta da poche ore che la conoscevo. Mi diede la risposta che chiunque avrebbe voluto. Modulò il suo simpatico accento britannico e disse:

"Sulla spiaggia c’è la sabbia… meglio il letto"

In men che non si dica mi trovai sul mio letto con il bicchiere di cuba libre in una mano e il pacchetto di profilattici nell’altra. Quella sera ci divertiimmo un casino, e a giochi finiti, quando pensavo già ad un dolce sonno abbracciato al quel fenomeno della natura, Kate rimodula quella cazzo di vocina e mi fa:

"mica vuoi dormire?"
e io
"perchè, che vuoi fare?"
e lei ancora
"non ho ancora bevuto niente".

Insomma ci rivestimmo con la stessa velocità con cui ci spogliammo ed andammo nel locale del nostro padrone di casa per bere come spugne. Credeteci o no lo facemmo per ben tre volte! Su a trombare e giu a bere, su a trombare e dinuovo giù a bere. Una nottata che sarebbe stata da incorniciare e da mettere negli annali già di suo. Ma quella era poco meno che la punta dell’iceberg.

Nuove sorprese mi aspettavano, ma questo ve lo riporto domani nella seconda parte perchè mo vado a cucinare.

commenti
  1. anonimo ha detto:

    Uh toh, quale onore.. Ci ho messo tutta la mia buona volontà, davvero ti giuro, solo che dopo la prima ‘brevissima’ parentesi sull’architettura, mi sono un po’ appallata.. Così ho guardato le foto ed ho smesso di leggere, nonostante ciò posso giurarti anche d’esser passata più di una volta, forse due, entusiasta anche, speravo di leggere quanto prima un post travolgente.. dovresti premiare quantomeno la mia ‘fedeltà’.. Per il resto, dato che commentare il tuo blablabla non m’è concesso, voglio augurarti uno strepitoso 2009.. Scusami è, sono in piedi dalle sei, già sfinita prima ancora d’iniziare.. c’est la vie!

  2. anonimo ha detto:

    Ah ecco, come di consueto, ho dimenticato di firmarmi.

    ProvaciTu, ho eliminato il mio blog.

  3. sevy ha detto:

    Innanzitutto ti ringrazio per averci almeno provato. Devo però rammentarti che le immagini non sono altro che un commento, una rappresentazione visiva dei concetti contenuti nel testo. Capire un post guardando solo le immagini è un po come viaggiare per il mondo ma solo con la fantasia. Magari è piu semplice, ma alla fine ti resta ben poco…

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